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I "dazi tributo" mettono a nudo l'intenzione degli Stati Uniti di mantenere l'egemonia
In un recente discorso, il principale consigliere economico della Casa Bianca ha ribattezzato le missioni militari statunitensi all'estero e i privilegi delle riserve in dollari come "beni pubblici globali", per i quali, ha sostenuto, gli altri Paesi devono pagare la loro "giusta quota" tramite dazi punitivi o emettendo assegni al Tesoro statunitense.
Questa sfacciata richiesta di tributi mette a nudo il vero intento di Washington: garantire la propria egemonia globale costringendo gli Stati sovrani a finanziare il progetto imperiale di cui si proclama protettore.
Eppure, nonostante la patina accademica di Stephen Miran, la sua visione rispecchia inconsapevolmente il sistema tributario medievale, in cui le potenze più deboli erano costrette a trasferire ricchezze a una potenza dominante in cambio di protezione e diritti commerciali, smascherando la natura coercitiva di questa moderna dottrina imperiale.
Tale visione è anche piena di paradossi che mettono a nudo la logica intrinsecamente egoistica del potere statunitense. Innanzitutto, riformulare le basi militari statunitensi come servizio pubblico snatura il significato economico di "beni pubblici". I veri beni pubblici non sono rivali e non sono escludibili. Ma la rete globale di basi americane esiste per promuovere gli obiettivi strategici di Washington, non per fornire una rete di sicurezza indiscriminata.
Gli Stati Uniti scelgono esplicitamente chi proteggere e chi lasciare vulnerabile in base ai propri calcoli. Per chi non viene scelto, le forze statunitensi possono rappresentare una grave minaccia anziché una protezione. D'altra parte, essere un alleato americano non è sempre una scommessa sicura. "Può essere pericoloso essere nemici dell'America, ma essere amici dell'America è fatale", disse una volta Henry Kissinger.
Inoltre, il ruolo dominante del dollaro come valuta di riserva non è in linea con l'etica dei veri beni pubblici. Sebbene circa la metà del commercio globale sia regolato in dollari, il principale beneficiario sono gli Stati Uniti.
Emettendo la valuta di riserva mondiale, Washington trasferisce gran parte del rischio inflazionistico al resto del mondo, uno schema reso più evidente dal quantitative easing "senza limiti" della Federal Reserve dal 2020, che ha imposto effetti collaterali inflazionistici sui partner globali. Inoltre, il controllo statunitense su sistemi come SWIFT conferisce al regime del dollaro un vantaggio esclusivo. Presentare questi privilegi asimmetrici come un "servizio pubblico globale" significa capovolgere la realtà economica.
Ancora più perversa è la narrazione vittimistica di Miran, che inquadra gli Stati Uniti come sfruttati mentre denuncia il "free riding" altrui sotto il suo ombrello militare-finanziario – un pretesto inventato per legittimare l'esazione di tributi attraverso la coercizione economica. Eppure i politici di Washington oscurano sistematicamente i vantaggi strutturali di cui gli Stati Uniti già godono: il privilegio di esportare debito a tassi di interesse bassissimi, l'accesso senza ostacoli ai mercati globali e un mercato dei capitali vincolato disposto a finanziare deficit statunitensi in continua crescita.
Ancora più preoccupanti sono i "rimedi" offerti, le cinque modalità di "condivisione degli oneri" delineate da Miran, che vanno dall'accettazione passiva dei dazi alla firma di assegni al Tesoro statunitense. Secondo le sue cosiddette "opzioni", le nazioni sovrane sarebbero costrette a rimodellare le proprie politiche commerciali, di investimento e di difesa per adattarle al progetto di Washington, sacrificando la propria autonomia e le proprie aspirazioni di sviluppo. Questa è coercizione economica, pura e semplice.
La pressione fiscale e le difficoltà economiche degli Stati Uniti non hanno radici all'estero, ma in patria: bilanci della difesa gonfiati, impegni esteri estesi, spesa interna squilibrata e un'eccessiva dipendenza dalla supremazia del dollaro. Dare la colpa ai "free-rider" all'estero e tentare di tappare i buchi di bilancio con i dazi è un esempio lampante di scaricabarile. Queste malattie interne non possono essere curate estorcendo denaro ai governi stranieri.
Il futuro dell'ordine mondiale richiede un'autentica cooperazione multilaterale piuttosto che diktat unilaterali. Qualsiasi dottrina che si aggrappi alle prerogative imperiali e cerchi di imporre il pagamento di tributi al resto del pianeta va controcorrente rispetto alla storia.
I politici statunitensi dovrebbero tenere presente che la vera leadership dovrebbe basarsi sulla promozione della pace, sullo sviluppo equo e sulla fornitura di beni pubblici globali reali, non sull'estorsione di denaro per sostenere un impero obsoleto.
people.cn © People's Daily Online